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La dispensa del Re

C’era una volta un magnifico reame che si estendeva tra valli, fiumi e boschi in una natura incontaminata. Il re Centra era molto orgoglioso della sua terra. Aveva edificato, in una vallata protetta da ampie montagne alle spalle, una grande città, circondata da alte mura sicure e che ospitava gran parte del suo popolo. Al centro della sua città, il suo fiore all’occhiello. Un castello bellissimo, enorme, con alte torri e guglie di una maestosità senza pari.

Il castello ospitava la famiglia reale e la sua vasta corte composta da consiglieri, governatori del territorio, cavalieri e tutte le amabili persone di cui, un re che si rispetti, ama contornarsi non tanto per essere aiutato a regnare ma più perché certifichino le sue già forti sicurezze su quanto sia abile e scaltro nel rendere il suo reame il migliore di tutti. Ovviamente tutti i membri della corte avevano disponibilità di ampi spazi e predisposte aree del castello dove, a loro volta, avevano invitato a vivere le loro famiglie in alcuni casi veramente numerose. Il re, magnanimo, dava loro alloggio ma anche l’accesso ad una dispensa da cui poter rifornirsi per alimentare le differenti cucine disponibili in ogni area del castello.

Tutto funzionava al meglio nel castello dove le regole di convivenza ed il protocollo imposto dal re venivano rispettati con osservanza assoluta. Una di queste regole prevedeva che il mastro della dispensa, colui che quindi dovesse rifornirla per soddisfare le esigenze di palazzo, non dovesse mai e sottolineo mai, mancare della disponibilità di qualsivoglia bene alimentare di cui il re facesse richiesta. La pena applicata nel caso di tale insolenza sarebbe stata la perdita della sua testa.

Il mastro della dispensa, che era particolarmente affezionato alla sua testa, faceva in modo di ordinare tutte le leccornie in maniera che fossero sempre disponibili per il re ma aveva un grande problema. Poiché tutti i cuochi della varie cucine del castello avevano accesso alla dispensa il rischio che in un certo periodo ci fosse una alta richiesta su uno specifico alimento poteva portarlo ad esaurire la scorta.

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Questa cosa gli provocava un gran mal di testa. Dapprima cercò di riservare una parte di tutte le differenti vivande per il re, ma fu attaccato subito dai cuochi. Questi infatti, pur non rischiando la testa, non potevano e non volevano affrontare i loro datori di lavoro sulla indisponibilità di piatti di cui avevano avuto richiesta. Allora il mastro dispensa chiese loro almeno di pianificare le esigenze della settimana ma anche in quel caso ottenne un brusco rifiuto. Nessuno avrebbe potuto costringere un governatore ad accettare una insulsa pianificazione dei suoi pasti. Quando arrivava una richiesta specifica bisognava esaudirla assolutamente.

Il mastro dispensa non aveva il potere di intervenire e sapeva bene che andare contro i membri della corte avrebbe potuto costargli la stessa testa che cercava di salvare in ogni modo. Non gli restò che adottare l’unica soluzione possibile. Doveva rifornirsi di grandissime quantità per evitare i rischi di finire le scorte.

Ovviamente questo causò a catena due grossi problemi. Un grande esborso economico e una immane quantità di cibo che andava deteriorato. Sul primo punto il buon mastro sperava di cavarsela perché nel contesto generale delle spese e delle risorse presenti nel castello era abbastanza improbabile che qualcuno notasse questo numero esoso. Il problema del cibo deteriorato era invece più complesso. Non avrebbe dovuto far notare queste enormi quantità di cibo che andavano al macero ne all’interno del castello ne al di fuori dello stesso per non far inviperire la popolazione su codesto spreco. Per cui escogitò un piano. Tutte le notti, personale fidato, caricava sui carri i cibi deteriorati coperti da teloni e li portava alla discarica rispettando due semplici regole. Gli zoccoli dei cavalli dovevano essere silenziati e l’itinerario percorso doveva essere il più possibile scelto tra le zone più deserte della città per evitare di sollevare domande su quello che stava accadendo.

Per un po’ le cose funzionarono bene, ma una brutta mattina, il povero mastro fu tirato giù dal letto perché il re voleva vederlo. Quella notte aveva proprio fatto un sogno premonitore su teste che rotolavano ed ora sudava freddo al pensiero di affrontare il re, “cosa potrà volere da me ?”.

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Entrò nella sala col capo chino e si avvicinò lentamente. Il re, che aveva al suo fianco il suo fido primo consigliere, gli intimò di avvicinarsi velocemente. Con tono autoritario ed aggressivo gli chiese se lui ritenesse plausibile la spesa relativa al rifornimento della dispensa. Il poverino ammise che la cifra era molto alta ma giurò di non aver mai tenuto niente per se e che era pronto a consegnare i vari conti che i mercanti gli avevano presentato. Non ebbe il coraggio di raccontare nulla di quello che succedeva. Sapeva che il re non sarebbe mai andato contro la sua corte e sapeva che un suo tentativo in questa direzione avrebbe scatenato l’ira dei cortigiani con conseguente pericolo per la sua testa. Il re valutò attentamente le sue risposte e fortunatamente decise di fidarsi. Dopo avergli dato dell’incapace a più riprese gli impose di diminuire quella spesa di almeno un 30%.

Il mastro uscì dalla sala con la coda tra le gambe ma pensava che in fondo sarebbe potuta andare molto peggio. Tornò nella sua stanza a pensare sul come trovare una via d’uscita da questa incresciosa situazione. La cosa che gli faceva più rabbia era l’atteggiamento dei cortigiani. Perché insistono così tanto a voler mantenere la libertà di decidere sul momento cosa mangiare. Perché non possono pianificare almeno su una settimana. Non riusciva a spiegarselo. Gli sembrava fosse solo una scusa per nascondere altro. Decise che era arrivato il momento di indagare. Il giorno dopo avrebbe seguito il governatore dell’area geografica denominata “sinistra” per provare a raccogliere qualche informazione.

Il mattino dopo era rannicchiato dietro una colonna delle scale che portavano alle sale del governatore. Era a colloquio con un paio di messi che gli riportavano alcune informazioni su come andavano le cose nella sua area. Dopo un po’ terminò la riunione ed insieme alla moglie ed alcuni parenti si avviò verso l’uscita dal castello.

Sempre attento a non farsi scoprire lo seguiva mentre si avviava per le strade della città mostrando ostentazione. Fu da subito colpito da come i commercianti, specie quelli di generi alimentari, uscissero dai negozi con riverenza per salutare e su come gli proponessero assaggi di nuove creazioni promettendo poi alla fine che avrebbero mandato a palazzo alla sua cucina delle sporte ripiene.

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Era si una chiara manifestazione di rispetto del potere altrui ma forse era di più. Avevano ben capito che erano loro, i cortigiani, i principali consumatori e che per potersi fregiare di essere fornitori del palazzo a prezzi chiaramente superiori alla media, avevano bisogno di tenerseli buoni. Se poi a questo aggiungiamo il fatto che non pianificando le esigenze gli permettevano di vendere molto di più si trattava di fare l’inchino a dei veri benefattori per loro. Per niente al mondo il governatore avrebbe rinunciato a queste manifestazioni di reverenza che innalzavano ancora di più, se possibile, la sua figura nel contesto familiare.

Poteva tornare ora a casa. Tutto gli era ora chiaro ma di certo non aveva risolto il suo problema. Fu a quel punto che decise di giocarsi il tutto per tutto tanto in ogni caso la sua testa sarebbe finita male. Per prima cosa anticipò leggermente l’orario per caricare i carri con il cibo avariato. Fece in modo di far stendere i teloni in maniera sommaria e creò un percorso per arrivare alla discarica che guarda caso passava proprio davanti alle case di due dei principali rappresentanti del popolo. Ovviamente evitò di bendare gli zoccoli ai cavalli ed ottenne subito un grande successo.

Il frastuono dei cavalli nella notte, i carri del reame e la innata ricerca da parte dei rappresentanti del popolo di scovare malefatte del reame fecero in modo che nel giro di qualche giorno si spargesse la notizia degli sprechi del re a fronte di fior di tasse che i poveri cittadini versavano. Il mastro sapeva che ormai in breve tempo la notizia sarebbe arrivata al re ed a quel punto affondò il colpo finale dichiarando il giorno dopo che per quella sera non era disponibile carne di cervo come richiesto dalla cucina del re.

Come aveva previsto la guardia reale venne a prelevarlo di peso nella sua stanza. Il re era furibondo. Passeggiava nervosamente avanti e indietro. Aveva dovuto accettare a malavoglia il suggerimento del primo consigliere che lo aveva spinto a non chiamare subito il boia ma che poteva avere senso ascoltare prima il poveretto. Sembrava infatti strano il comportamento del mastro che si era praticamente suicidato. C’era qualcosa sotto, era il caso almeno di interrogarlo.

Quando entrò nella sala questa volta il mastro aveva una espressione fiera di chi è pronto a combattere ed ha le armi giuste. Svuotò il sacco e raccontò tutto. Il re lo osservava attentamente. Aveva il sospetto che tutto fosse stato organizzato per portarlo di fronte ad una decisione che avrebbe dovuto prendere per forza. Non poteva rischiare di dare ancora mano libera ai suoi cortigiani. Il popolo stava ribollendo e doveva dimostrare di essere in grado di fare il bene del regno prendendo la decisione giusta. E poi ormai c’erano troppi testimoni. Lasciò andare il mastro della dispensa e tornò a sedersi sul trono per cercare di raccogliere le idee.

Il giorno dopo i cortigiani ricevettero una lettera in cui si intimava di completare la lista presente all’ingresso della dispensa indicando chiaramente il fabbisogno settimanale della cucina. Chi non avesse ottemperato alla richiesta avrebbe potuto tranquillamente andare via dal castello e cercarsi dei nuovi alloggi.

Con la lista completa il mastro della dispensa potè finalmente comprare le giuste quantità evitando sprechi, ma non solo. Raccogliendo le informazioni per tipologia di prodotto si presentò dai commercianti spuntando dei prezzi migliori per l’acquisto basati sul volume. In breve dimezzò i costi relativi alla tenuta della dispensa. Il re non appena ebbe dei dati a disposizione chiamò in udienza i rappresentanti del popolo e gli raccontò come avevano risolto il problema dello spreco del cibo alla corte reale e presentò un piano di abbellimento della città con i soldi risparmiati dall’operazione. Non solo, organizzò una festa in città in cui esaltò le qualità del mastro di dispensa.

E tutti vissero felici e contenti …. insomma, quasi tutti.